non solo per le idee. Maria Paola, invece, no. Forse perché è una donna e quindi più determinata. Probabilmente perché cominciava ad annoiarsi fotografando gente sfatta dalla fatica nelle gare avventura. Un giorno m’invitò a pranzo in un ristorante capoverdiano e mi fece vedere le prime immagini. «Questa è la mia portinaia. Questa l’ho incontrata al mare, in Corsica. Anche questa l’ho fatta in Corsica. Alla fine in quel campeggio pensavano che fossi lesbica perché chiedevo a tutte di farmi vedere le tette. Ecco, questa invece l’ho fatta alla commessa di un negozio dov’ero andata a comperare un paio di scarpe, prima di uscire avevo fotografato nel magazzino anche una sua amica di passaggio…». Andò avanti così a sfogliare foto come fossero figurine dei calciatori e a raccontarmi le loro storie. Poche ore dopo mi ritrovavo a scrivere il progetto di un libro da sottoporre a un’agenzia. Il concetto era questo: “Si tratta di immagini, realizzate in diversi momenti e situazioni (nonché con differenti mezzi fotografici), sempre e comunque inquadrate sul seno (nella totale irriconoscibilità individuale). Il seno appare dunque come segno, simbolo, icona, modello, mezzo e messaggio. Le immagini lo presentano nelle sue diversità di forma, d’ambiente, di contesto, di posa, di trucco. Ulteriore elemento di varietà è costituito dalle differenze d’interpretazione tecnico-fotografica, nel taglio, nell’elaborazione, nei momenti e nelle situazioni di ripresa, nello sguardo stesso della fotografa. E infine le immagini variano nell’interpretazione: possono apparire curiose, strane, divertenti, emozionanti, ironiche, inquietanti, sensuali, surreali, secondo l’osservatore. In tal senso possono anche assumere il valore di un test psicologico. Tutto ciò definisce al tempo stesso l’obiettivo e il modo di “leggere” il libro: come un gioco, un divertimento, un pretesto per osservare gli altri e se stessi”. |
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