porno. Avevo lasciato perdere. Ma poi, per far fronte all’impegno, ho cominciato a rifletterci meglio e ho capito che non dovevo fissarmi sulle tette, ma solo cercare suggestioni, impressioni. E le immagini me ne offrivano parecchie, così come le storie che mi raccontava Maria Paola, ormai in caccia di seni e location. «Nel momento in cui chiedi di fare la foto e ti dicono sì, devi farla subito, non puoi fissare un appuntamento, dire che torni. Ci ripensano, oppure si preparano. Così ho scattato dappertutto. In quel campeggio in Corsica, in uno sgabuzzino, al mare, in montagna, in piscina, molte nei bagni delle case, soprattutto durante le feste: è l’unico posto con un po’ di privacy. Una l’ho fatta nell’ufficio di una manager. Nessuna in studio». Una ricerca che si è trasformata in un percorso ben più complesso, attraverso le interpreti di questo libro che nella loro foto hanno trovato un modo di esprimersi, di raccontarsi, di comunicare qualcosa. Del resto, “l’inconscio si esprime per immagini”, usava dire Carl Gustav Jung. E Maria Paola le registrava su pellicola e nel cervello, diventava il mezzo per un messaggio. In alcuni casi quasi una terapeuta. «C’è quella col seno piccolo che lo vuole coprire. E quella col seno grosso che anche lei si vergogna. C’era questa ragazza che ne aveva il complesso, nonostante fossero belle. E allora le dico “Come ti piacerebbe vederle? Dai facciamole volare, queste tette!” e lei si mette a braccia spalancate, davanti alla finestra. E alla fine era felice. Solo il fidanzato era incazzato: “Sono anni che rompi le scatole con questa storia delle tette. Io non sono mai riuscito a liberartene. Ed ecco che arriva questa, ti fotografa e tu torni a casa felice e contenta”. Gli uomini, i fidanzati, non sono d’accordo. E’ una forma di gelosia. E’ come se si sentissero privati di un diritto all’immagine. l |
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